Breve storia dei Musei

Il nome Museo evoca le Muse, le 9 figlie di Zeus e di Mnemosine, dea della memoria. Nella Teogonia di Esiodo queste mitologiche protettrici delle arti e delle scienze furono identificate in Calliope, Clio (cara agli Storici), Erato, Euterpe, Melpomene, Polinnia, Talia, Tersicore e Urania.
Mouseion era il luogo che – nel palazzo reale di Alessandria d’Egitto – ospitava il più famoso cenacolo intellettuale dell’antichità. Sorse al tempo di Tolomeo I (che regnò dal 322 al 283 a.C.) su ispirazione di Demetrio Falereo, già allievo del peripatetico Teofrasto. Quella eccezionale istituzione, tuttavia, somiglia poco a un museo come lo intendiamo oggi. Piuttosto «era la versione antica di un centro di ricerca: ne facevano parte, come membri a vita, noti scrittori, poeti, scienziati e studiosi, che in cambio avevano diritto a un congruo stipendio, all’esenzione dalle tasse (privilegio non trascurabile), a vitto e alloggio gratuiti. Per evitare il rischio che il Museo si trovasse a corto di fondi, Tolomeo l’aveva dotato di un lascito adeguato» (Lionel Casson).
Un incendio lo distrusse con l’orto botanico, il giardino zoologico, l’osservatorio astronomico e la straordinaria biblioteca, che raccoglieva tutta la letteratura allora conosciuta (circa 500.000 testi in rotoli manoscritti), intorno al 271-274, cioè all’epoca della guerra tra l’imperatore Aureliano e la regina Zenobia di Palmira.

Possiamo affermare che il primo museo all’aperto della storia fu l’altis di Olimpia, dove gli artisti più famosi dell’epoca (Lisippo, Naucide, Policleto, ecc.) eressero circa 500 statue ai vincitori dei Giochi. Che la visione delle opere d’arte fosse cara al popolo ce lo dimostrano le vibranti proteste dei Romani contro l’imperatore Tiberio, reo di aver fatto trasportare l’Apoxyomenos di Lisippo dalle Terme di Agrippa nella sua camera da letto. E alla fine Tiberio dovette piegarsi e ricollocare la statua nelle terme.
Tra il 1536 e il 1543 l’umanista Paolo Giovio eresse un museo a Borgo Vico, sul lago di Como, per custodire quasi 300 ritratti di personaggi illustri che aveva fatto eseguire, corredandoli con biografie da lui stesso redatte (Elogia). A ragione, quindi, Giovio definì il luogo anche “Tempio della Fama” (precursore della moderna Hall of Fame). A Borgo Vico, insomma, il termine “museo” legava per la prima volta una collezione alla sede edificata per ospitarla.
Durante il Rinascimento ebbero notevole diffusione, specie nel nord Europa, le Wunderkammern (stanze delle meraviglie), “studioli” di collezionisti le cui mirabilia venivano mostrate a pochi privilegiati. Le Wunderkammern potevano raggiungere dimensioni notevoli; una delle più importanti era quella del duca Alberto V a Monaco di Baviera. La sua ricchissima collezione fu inventariata dallo studioso belga Samuel von Quiccheberg, che nel 1565 pubblicò il primo trattato di museografia.
Nel “secolo dei Lumi” prese corpo l’idea che il museo potesse e dovesse favorire la pubblica diffusione del sapere e del progresso scientifico. In questo clima nacque, nel 1683, l’Ashmolean Museum di Oxford, il più antico museo universitario del mondo. Fu anche il primo museo “popolare”, aperto sia agli studiosi, sia alla gente comune (comprese le donne, tra lo stupore di molti), che vi accedeva pagando un prezzo assai contenuto.
Scrisse il cavaliere Louis de Jaucourt nel compilare la voce Musée dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert: «La parola museo [...] si applica oggi a ogni luogo nel quale sono raccolte le cose che hanno un rapporto diretto con le arti e con le Muse». Nel 1765 Denis Diderot auspicò la trasformazione della reggia del Louvre in un museo in grado di rivaleggiare con il Mouseion di Alessandria.
Nel 1759 il British Museum (fondato 6 anni prima) consentì l’accesso al pubblico senza restrizioni, seguito dagli Uffizi 10 anni più tardi grazie al granduca Leopoldo di Toscana, dal Louvre nel 1793, dal Prado di Madrid nel 1819, dalla National Gallery di Londra nel 1824, dall’Altes Museum di Berlino nel 1830 e dall’Ermitage di San Pietroburgo nel 1852. Persino nell’assolutistico Stato Pontificio, nella seconda metà del Settecento, i papi Clemente XIV e Pio VI aprirono al pubblico alcune sale dei Musei Vaticani.
I musei americani mostrarono uno spiccato interesse per l’arte, anche grazie a una speciale legislazione. Nacquero così la Smithsonian Institution (1846) e la Corcoran Gallery (1869) di Washington, il Metropolitan Museum of Art di New York, detto Met (1872), il Museum of Fine Art di Boston (1876) e il Philadelphia Museum of Art (1877).
Nonostante le pesanti critiche delle avanguardie artistiche e di Filippo Tommaso Marinetti, che nel Manifesto del Futurismo paragonava i musei ai cimiteri (1909), l’interesse del pubblico non si arrestò.
Nel luglio 1926 fu istituito a Parigi l’Office International des Musées, che dal 1927 al 1946 pubblicò la rivista “Mouseion”. L’OIM cessò l’attività nel 1946, quando – sotto l’egida dell’UNESCO – nacque l’International Council of Museums (ICOM), al quale oggi aderiscono 117 paesi e circa 20.000 musei. Così l’ICOM ha definito il museo nello statuto adottato durante la 21a Conferenza generale, tenuta a Vienna nel 2007:


«Un museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che acquisisce, conserva, studia, espone e trasmette il patrimonio materiale e immateriale dell’uomo e del suo ambiente a fini di studio, istruzione e diletto».
 

LIVIO TOSCHI


* Il brano è tratto dalla Presentazione del Catalogo delle mostre Lo Sport e Il Mito